Gli uccelli che vivono sopra la terraferma non hanno a disposizione venti forti e costanti da sfruttare nel modo che abbiamo visto. Sulla terra, anche se meno prevedibili, si sviluppano però forti correnti ascensionali, cioè flussi daria che si alzano verticalmente. Questo si verifica ogni volta che il vento incontra un rilievo, ad esempio il fianco di una collina che lo devia verso lalto, o presso il ciglio di una scogliera, oppure, nel caso che ci si presenta più di frequente, con le "correnti termiche", che sono il meccanismo più sfruttato dagli uccelli terrestri per guadagnare quota senza spendere energia. Una "termica" è una colonna daria, riscaldata dal sole e perciò meno densa di quella fredda circostante, che per galleggiamento prende a risalire, un vero e proprio vento verticale, diretto verso lalto, che può raggiungere velocità di qualche metro al secondo.
Un uccello che volteggia allinterno di una corrente ascensionale, in effetti, sta affondando attraverso laria con una velocità di discesa che è inferiore alla velocità con cui laria sta risalendo. Il risultato combinato di questi due vettori è che luccello viene trasportato verso lalto e così guadagna quota. Questa è lessenza del soaring, o meglio, dello static soaring utilizzato dagli uccelli terrestri.
Quando è stata raggiunta unaltezza adeguata, inizia la fase di gliding, cioè la planata che porta luccello nella direzione voluta, anche per diversi chilometri, perdendo gradualmente la quota. La maestria o, se preferite, linfallibile istinto dei grandi veleggiatori consiste nel trovare continuamente nuove correnti ascensionali che, alla fine di ogni fase di gliding, li riportino in alto, senza richiedere lavoro muscolare. In questo modo, possono restare in aria per ore e coprire anche centinaia di chilometri, senza un solo colpo dala.
Non vi sarà però sfuggita una contraddizione: se abbiamo detto che le ali più efficienti nel gliding hanno forma lunga e appuntita, comè che gli uccelli che meglio sfruttano il soaring (le cicogne, i pellicani e i rapaci, primi tra tutti gli avvoltoi) hanno invece ali larghe e squadrate, in alcuni casi addirittura tozze? Il loro successo e le loro straordinarie migrazioni non lasciano certo pensare che si possa trattare di un disegno meno che ottimizzato.
Il problema è che le ali da albatross non consentono grande manovrabilità: sono ideali per un uccello marino, che si sposta sopra le sconfinate distese oceaniche, prive di ostacoli e dove spira sempre vento. Invece, un uccello terrestre, che sia esso un predatore o una preda, deve poter spiccare il volo da fermo, ha bisogno di portanza a velocità bassa, di manovrare con agilità anche quando laria è immobile e di compiere virate strette, non fosse altro che per potersi mantenere allinterno di una termica. La forma alare che decreta il successo degli albatross sarebbe un handicap per un aquila; la manovrabilità impone ali larghe e squadrate.
Ma allora, come viene affrontato lo svantaggio costituito dalla turbolenza aerodinamica e dalla resistenza che viene generata da questo tipo di ali? Guardando un rapace in volo, non si direbbe proprio si stia trascinando dietro una palla al piede, e sarebbe anche privo di senso dal punto di vista dellevoluzione. La soluzione è semplice: gli uccelli veleggiatori allargano le penne allestremità delle loro ali, le primarie, come fossero dita di una mano, in modo che ogni singolo "dito" diventa lestremità di unala molto appuntita, che genera pochissima resistenza. Così facendo, unala squadrata, poco efficiente, si trasforma nella somma di tante ali lunghe e affusolate, ideali per il gliding. Geniale.
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