Quaderni di birdwatching Anno V - vol. 9 - aprile 2003

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TITOLO
di Paolo Politi, direttore dell'oasi

        IMMAGINATEVI UN AMPIO CORDOLO SABBIOSO LITORANEO fittamente boscato con esemplari secolari di Olmo, Frassino ossifillo, Ginepro coccolone, Leccio: una foresta stretta e lunga che si erge quasi a diga nel separare il mare dalle bassure interne dove per buona parte dell’anno le paludi o i "paduli", come sono chiamati nella Maremma toscana, rendono incerto il tracciato delle carrarecce campestri e della Via Emilia che dopo prenderà il nome di Aurelia.

        Incerto a tal punto che i signori di Lorena, granduchi di Toscana, preferiscono far percorrere alle pattuglie della loro guardia costiera o dei corrieri postali, ovviamente a cavallo, il più sicuro tracciato, anche in inverno sempre affrancato dalle acque, realizzato sul colmo del tombolo costiero: la famosa "Via dei Cavalleggeri" di cui troviamo tracce, in più punti lungo la costa toscana, da Cecina a Capalbio.

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Dal primo capanno... - foto M. Sighele
        Le piogge autunnali ed invernali rendono veramente difficili le comunicazioni via terra; le paludi, attraversate da strade dal fondo poco sicuro, man mano che ci si sposta verso l’interno, lasciano spazio a selve impenetrabili dove Stracciabrache e Scopa danno il loro lasciapassare all’unico vero re della macchia: il Cinghiale maremmano, snello, agile e potente, con una silhouette plasmata nei millenni dalle spine e dalle cortecce più aspre.

        Spazi di difficile frequentazione per l’uomo che trova in rustici e coraggiosi cavalli o sottili barchini a chiglia piatta gli unici veri e sicuri mezzi con cui spostarsi, solo però se dotati di destrezza nelle manovre, in questo labirinto ricco di insidie ma anche di ciò che lo fa vivere.

        L’uomo trova di che sostentarsi nella palude costiera: la selvaggina, di cui conosce le abitudini più segrete e gli ambienti preferiti, il legnatico per scaldarsi d’inverno, la stiancia per i pagliericci e per la copertura dei tetti delle capanne ed il giunco per intrecciare stuoie e cestini. Anche la raccolta delle sanguisughe, qui conosciute come mignatte, allora abbondanti e primario presidio sanitario, integrano il magro reddito.

        Questo è quanto si presentava nei primi anni dell’800 agli occhi del timoroso o temerario viaggiatore che si avventurava lungo la fascia costiera della Maremma pisana, dalle parti di Bolgheri ed ancora verso sud, fino al padule di Piombino.

        Sembrerà strano ma alcune delle sensazioni provate dal nostro viaggiatore immaginario sono ancora nei nostri occhi quando oggi, nonostante gran parte del territorio abbia smarrito la sua innata selvaticità, ci troviamo a viverle visitando l’Oasi WWF Rifugio Faunistico Padule di Bolgheri, intitolato alla memoria del Marchese Mario Incisa della Rocchetta, promotore della nascita della prima Oasi privata in Italia (ciò avveniva nel 1959) e della sezione italiana del WWF, nata nel 1966 e di cui è stato primo presidente ed illuminato punto di riferimento.

        Perché Mario Incisa decise questo quando in Italia, alla fine degli anni ’50, si pensava esclusivamente a bonificare terreni, costruire strade e case? Semplicemente perché ebbe la percezione, e mai questa fu più azzeccata, di quanto gli ambienti naturali, ed in particolare le zone umide, potessero essere i fragili agnelli sacrificali da immolare sull’altare della "modernità" e del "progresso".

        E perché decise di cessare la caccia agli acquatici in padule quando questa pratica costituiva la diffusa consuetudine tra i nobili proprietari di estese aree acquitrinose costiere, in Toscana come altrove?

        Perché comprese, con intuito e sensibilità, come fosse importante preservare con cura e dedizione quello che sarebbe diventato un piccolo santuario della natura, non solo per la conservazione delle specie di uccelli acquatici ma anche quale viva testimonianza storica del tipico paesaggio originario maremmano.

COME ARRIVARE

L’Oasi si trova nel Comune di Castagneto Carducci in Provincia di Livorno (Toscana).
Da nord: percorrendo la variante Aurelia S.S.1, uscire a "La California-Cecina Sud", immettersi sulla vecchia Aurelia con direzione sud (Grosseto), percorrere circa 6 km. Superata la deviazione del viale dei cipressi di Bolgheri, si percorre ancora la vecchia Aurelia per circa 400 mt. Sulla dx indicazione di accesso all’Oasi.
Da sud: percorrendo la variante Aurelia S.S.1, uscire a Donoratico-Castagneto Carducci, immettersi sulla vecchia Aurelia con direzione nord (Livorno), percorrere circa 7 km. Sulla sx indicazione di accesso all’Oasi.

        Così nel 1966 il Padule di Bolgheri apre la strada al neonato Sistema della Oasi del WWF Italia che oggi conta 130 aree gestite dall’Associazione.

        Riconosciuto quale "Rifugio Faunistico" con decreto ministeriale nel 1971, nel 1977 diventa "Zona umida di importanza internazionale" in base alla Convenzione di Ramsar, in virtù della presenza di contingenti svernanti di anatidi di assoluto rispetto in termini quantitativi; gli stagni dell’Oasi sono popolati da Fischione, Codone, Alzavola, Canapiglia, Germano reale, Mestolone, Moriglione, Moretta.

        Anche le oche trovano ospitalità negli stagni e nei prati umidi del "padule". Mentre negli anni ’70 e ’80 si registrava la presenza di gruppi esigui di Oca granaiola e Oca lombardella, nell’ultimo decennio si è registrato un progressivo aumento della presenza di Oca selvatica, ormai frequentatrice abituale invernale con 70-80 individui; nel gennaio 2002, in occasione dei censimenti invernali, si è registrato il record storico con 255 individui. Tale fedeltà al sito di svernamento ci ha portati recentemente a scegliere l’Oca selvatica quale simbolo dell’Oasi.

        Anche numerose specie di trampolieri trovano gli ambienti adatti: la Pavoncella, presente in inverno con uno dei massimi contingenti rilevati in Toscana (circa 1.600), a cui si aggrega il Piviere dorato, assiduo frequentatore dei prati umidi con un gruppo di 60-80 individui.

        Più rari in inverno i trampolieri che prediligono le piattaforme fangose salmastre, come la Pettegola o il Piovanello pancianera. Numerosi i Beccaccini ed i più rari Frullini che perlustrano minuziosamente i prati umidi.

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Colombella a Bolgheri
foto M. Sighele

        Il tombolo costiero, con la sua muraglia verde impenetrabile, diventa albergo privilegiato per migliaia di Colombacci a cui si aggrega, mantenendo una posizione defilata rispetto al più numeroso congenere, uno stormo di Colombelle che ogni inverno staziona nell’oasi con circa 200 individui.

        Il mare antistante l’Oasi ospita, in inverno, bellissimi uccelli acquatici del nord Europa quali Strolaga mezzana, Sula e Svasso Collorosso.

        Il bosco igrofilo di Bolgheri, dove domina il Frassino ossifillo, immerge le sue radici in questa palude stagionale d’acqua dolce la cui estensione è strettamente condizionata dal livello delle piogge autunnali ed invernali. Nel pieno dell’inverno, Bolgheri diventa un luogo speciale, ricco del fascino sottile proprio delle bellezze misteriose, rendendo ogni visita un momento di forte arricchimento interiore in cui si assapora la percezione della natura bella, armoniosamente sviluppata in ogni sua parte. E così troviamo cavalli "a pensione" allo stato semi-brado, legati da invisibili fili sottesi a un fedelissimo stuolo di Aironi guardabuoi, che attraversano prati allagati e boschetti disseminati qua e là senza procurare il benché minimo disturbo agli uccelli ospiti dell’Oasi. Come i cinghiali ed i caprioli, in spostamento dalle aree di rifugio a quelle di alimentazione, quando si cimentano in impensabili prove di acquaticità in ampi specchi d’acqua, dimostrando così la loro attitudine alla vita in palude e svegliando da un vigile torpore un Tarabuso che, allungando minacciosamente il collo per capire quello che succede, tradisce la sua inaspettata presenza.

        Altra reazione è data dalle anatre al passaggio, a bassa quota, furtivo e silenzioso del Falco di palude che incarna il vero ed unico terrore degli stagni: è grazie a lui che i cieli dell’Oasi diventano improvvisamente uno spettacolare palcoscenico di vita naturale con centinaia ed a volte migliaia di anatre che spiccano il volo contemporaneamente per allontanarsi dal predatore. Solo le Oche, consce della loro potenza e stazza, sembrano essere indifferenti.

        Mentre nel bosco rieccheggia il richiamo del Picchio rosso minore ed il canto del Rampichino, i cespugli marginali del padule ospitano, ormai da tre anni, l’Averla maggiore, un passeriforme con attitudini predatorie tipiche del rapace.

        Negli ampi pascoli e nei campi coltivati estensivamente con colture tradizionali di basso impatto ambientale, intervallate da fitte siepi di Prugnolo su cui l’Occhiocotto dichiara stentoreamente il possesso, trovano habitat ideale l’Allodola, la Cappellaccia e lo Strillozzo, dall’inconfondibile canto stridulo. Non mancano perle ornitologiche come quella del Calandro maggiore, osservato due anni fa sui campi appena lavorati.

        Passa l’inverno e così, prima le oche, poi le pavoncelle e così via, il Padule di Bolgheri cambia protagonisti: arrivano i migratori primaverili.

        Prima in assoluto tra i trampolieri la Pittima reale, all’inizio di febbraio, sancisce l’avvio della migrazione; seguono il Combattente, il Piro-piro boschereccio, il Piro-piro culbianco, il Corriere grosso, la Pantana, il Cavaliere d’Italia, l’Avocetta, il Totano moro e la Pettegola.

        Arriva il Balestruccio, che anticipa la Rondine ed il Topino, e poi l’Airone rosso, il Tarabusino, il Gruccione, la Ghiandaia marina, qui nidificante da due anni.

        A metà aprile l’Usignolo diventa il padrone indiscusso del bosco e degli stagni presenti al suo interno, legando e tessendo con il suo canto persistente, come in un unico pentagramma, tutti i canti del bosco.

        Nello stagno interno il Tuffetto e la Folaga alimentano i piccoli, e così il rumoroso Cannareccione, con il suo canto metallico ed aspro, e la Cannaiola. Milioni di rane verdi, con il controcanto della Raganella intermedia, cantano alla primavera ignare dei pazienti e spietati Aironi cenerini e Aironi bianchi maggiori alle prese con un vero e proprio banchetto che durerà, senza sosta, qualche settimana.

        Anche la Natrice dal collare, il Biacco ed il Cervone approfittano di questa insperata dispensa alimentare.

        Sulla spiaggia naturale dell’Oasi, totalmente compresa fino alla battigia nella perimetrazione della "Zona Ramsar", le numerose specie psammofile quali il Giglio di mare, l’Eringio marittimo, l’Euforbia delle sabbie garantiscono l’ambiente ideale per la riproduzione del Fratino, presente ogni anno con 3-4 coppie.

        Molto interessante la sosta di Piviere tortolino registrata nell’agosto 2001.

        La primavera lascia il posto all’estate; gli stagni lentamente si prosciugano e la vegetazione palustre a scirpo e carice ricopre ormai con un manto verde ininterrotto lo spazio occupato poco tempo prima dall’acqua. Le tartarughe palustri, terminate le complesse fasi di accoppiamento, si concentrano laddove permangono piccole pozze d’acqua o cercando umidità sotto lo spesso strato di materiale vegetale marcescente. Ed è qui che si scatena un nuovo, incredibile spettacolo della natura: decine di migliaia di libellule in accoppiamento, di varie specie e colori, come se fossero manovrate da un invisibile burattinaio che le alza ed abbassa a tempo, affidano le loro uova al pelo dell’acqua, con ritmi precisi, apparentemente cadenzati da un metronomo interno, con la fiducia innata dettata dall’istinto di conservazione per la nascita di una nuova generazione.

        Alla fine della stagione riproduttiva, quando ormai i giovani uccelli nati nell’anno iniziano a rendersi indipendenti dai genitori, il padule entra così in una fase di apparente riposo, reso chiassoso soltanto dai petulanti gruccioni a caccia di tafani, in attesa delle piogge autunnali che segneranno un nuovo passaggio di migratori e l’inizio di una nuova stagione di acque e stagni ricchi di uccelli acquatici.

        E il padule di Bolgheri inizia così, come da sempre, un nuovo ciclo di vita naturale.


QUANDO VISITARE - STRUTTURE DI VISITA

L’Oasi WWF Rifugio Faunistico Padule di Bolgheri "Marchese Mario Incisa della Rocchetta" è aperta alle visite dal 1 ottobre al 31 maggio nei giorni di VENERDI’ e SABATO (prima visita dalle ore 9,00 alle ore 12,00 — seconda visita dalle ore 14,00 alle ore 16,30) previa prenotazione presso la Sezione WWF Piombino — Val di Cornia tel/fax 0565-224361 e-mail: wwfpiomb@tin.it.
Il MARTEDI’ è dedicato alle scuole con identici orari e modalità di prenotazione.

Il percorso ad anello, lungo circa 600 mt. è dotato di 6 osservatori ornitologici, oltre ad una torretta in muratura. E’ interamente realizzato nel bosco igrofilo con camminamento, per il momento, non completamente agibile ai disabili motorii.
E’ in programma l’allestimento di un percorso dedicato alle scolaresche, previsto con due osservatori ed agibile ai disabili motorii.

N.B.: l’accesso all’Oasi è possibile con auto. Due bassi sottopassi (uno stradale ed uno ferroviario) NON consentono l’ingresso di Camper o veicoli furgonati.
In inverno sono consigliati gli stivali. E’ possibile fare fotografie a livello amatoriale.
Indispensabile il binocolo e/o il cannocchiale.


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