Quaderni di birdwatching | Anno V - vol. 9 - aprile 2003 |
di Franco Trave e Luciano Ruggieri |
N QUESTI ULTIMI ANNI il numero di appassionati di birdwatching in Italia è in costante aumento, con un numero maggiore di persone che fa di questo hobby unattività sul campo più regolare e un parallelo incremento del numero di osservazioni di specie insolite e rare. La presente indagine condotta su base volontaria fra i birders di EBN Italia ha permesso di conoscere quali sono le specie più difficili da osservare nel nostro paese, ovvero quelle che meno frequentemente vengono osservate e identificate facendo birdwatching in Italia e, allopposto, quali sono le più facili e frequenti. L'indagine, nata originariamente per questa ragione, ha anche avuto risvolti più nobili e importanti, legati alla conservazione dellavifauna nel nostro Paese.
La difficoltà di osservazione di una specie è un concetto abbastanza generale e comprende sia la difficoltà tecnica di identificazione, per elusività intrinseca della specie e per l'inaccessibilità dell'ambiente d'elezione, sia la scarsità della specie stessa nell'area di riferimento. E mai possibile quantizzare questo parametro o, quanto meno, di mettere a confronto le osservazioni di tutte le specie potenzialmente contattabili? Ma come fare a calcolare la probabilità di osservazione di una specie? Immaginiamo di disporre di un ampio numero di birders, equivalenti ed indipendenti tra loro e operanti in una determinata area, e di conoscere, attraverso le loro liste personali: Ne consegue che possiamo calcolare, per ciascun birder, la frequenza relativa degli avvistamenti ovvero il rapporto fra il numero delle osservazioni di una specie e il numero totale delle escursioni fatte. Se mettiamo insieme tutte le osservazioni di tutti i birders del campione potremmo calcolare, similmente, la media delle frequenze relative degli avvistamenti di una specie. Per la legge dei grandi numeri, più il campione diventa numeroso (ovvero il numero di tentativi/escursioni) e più diventa verosimile che la frequenza delle osservazioni di una specie si avvicini alla sua probabilità di osservazione in unescursione. Quindi si può affermare che la difficoltà di osservazione di una specie è assimilabile alla frequenza relativa dei suoi avvistamenti da parte di un campione di birders il più vasto possibile.
Per valutare in maniera affidabile la frequenza delle osservazioni delle specie occorre disporre di un campione di osservazioni ampio, costituito da osservatori della stessa bravura e che operino in maniera indipendente. Il campione utilizzato per la nostra indagine non soddisfa rigorosamente queste tre condizioni: non è numeroso, poco meno di settanta liste; non è certamente uniforme in bravura ed esperienza, infatti, non è stata fatta alcuna selezione preventiva; ed infine, per la stragrande maggioranza, appartiene alla stessa associazione, EBN Italia, e quindi i collaboratori tendono ad avere le stesse opportunità. Lobiettivo dellanalisi, però, non è di valutare quantità in assoluto ma piuttosto é un confronto, in tal modo le imperfezioni del campione dovrebbero ripercuotersi su tutte le specie e quindi il risultato finale non dovrebbe essere significativamente influenzato. La procedura per calcolare la difficoltà di avvistamento delle specie è assai semplice, qui di seguito si riportano in estrema sintesi i passi più importanti. Prima di tutto si raccolgono i dati del campione che vanno a costituire il data base dellindagine, sostanzialmente si tratta di informazioni relative allattività di birdwatching di ciascun birder, ovvero quante escursioni ha effettuato, e informazioni relative alle osservazioni delle specie appartenenti allavifauna italiana. Il passo successivo consiste nel calcolare, per ciascuna specie, la media delle frequenze di osservazione, cioè quante osservazioni sono state eseguite rispetto allattività media del campione. Si opera quindi una correzione per tener conto di possibili incongruenze statistiche, ovvero di quelle situazioni in cui due specie hanno la stessa media ottenuta attraverso differenti numeri di osservatori. Caso tipico è il confronto fra la Gru e i tetraonidi delle nostre montagne. Queste specie, infatti, tendono ad avere frequenze medie di avvistamento simili, ma la Gru è vista poche volte da molti osservatori e il Gallo Cedrone e il Francolino di monte, per esempio, sono visti con una certa frequenza da pochi osservatori. I valori delle frequenze medie vengono finalmente ordinati su una scala crescente lineare. In definitiva a ciascuna specie sarà associato un valore compreso fra zero (specie molto frequente) e un massimo (specie rarissima, molto difficile da contattare ed identificare). Questo passaggio, seppur non essenziale, permette di suddividere le specie in classi di difficoltà. Infatti, la scala lineare è stata suddivisa in parti uguali, ciascuna identificata con un grado di difficoltà, così definito:
La distribuzione delle specie sulla scala lineare è tale da avere accumulazioni di specie alle due estremità, e ciò a ben pensarci, è ragionevole. Infatti, le specie più numerose sono le più frequenti e quelle rarissime o mai osservate dal campione. Poiché diventa capzioso classificare queste due tipologie, è sembrato ragionevole apportare unequiparazione fra loro che, allatto pratico, ha significato introdurre due soglie, una minima e una massima, per la frequenza degli avvistamenti. Lindagine non può essere considerata un censimento ornitologico e neanche unanalisi tra "bird-lists", ma ha una sua marcata connotazione. Le regole principali da rispettare nella compilazione della propria lista degli avvistamenti sono state, infatti, le seguenti:
Qui di seguito sono riportati i risultati dellindagine. Prima di tutto le caratteristiche essenziali del campione a disposizione:
Le specie osservabili in Italia in base alla Check-list of Italian birds del CISO, aggiornata allestate 2002, sono 503; di queste, 126 sono quelle definite come "accidentali". Ecco alcuni risultati di carattere generale scaturiti dellindagine:
Ecco qui di seguito il dettaglio dei risultati dellindagine relativamente alla classificazione delle specie in base alla loro difficoltà di osservazione. Le specie sono state raggruppate in classi, ma sono state elencate rispettando il proprio rango di difficoltà di osservazione, per cui si va dalle specie facili e via-via verso quelle estremamente difficili o rarissimamente osservabili. Sono riportate tutte le 393 specie avvistate dal campione, si omette la lista delle restanti 110 specie mai viste ad eccezione delle 16 specie che, pur non essendo "accidentali", non sono mai state osservate dal campione. In basso a ciascun gruppo sono riportati commenti e considerazioni.
Appartengono a questa categoria 89 specie. Passera d'Italia, Merlo, Storno, Cornacchia grigia/nera, Tortora dal collare orientale, Gazza, Germano reale, Gabbiano comune, Rondine, Pettirosso, Gabbiano reale mediterraneo, Airone cenerino, Fringuello, Balestruccio, Cardellino, Gallinella d'acqua, Rondone, Cinciallegra, Folaga, Poiana, Ballerina bianca, Gheppio, Garzetta, Svasso maggiore, Cormorano, Fagiano, Capinera, Ghiandaia, Verzellino, Verdone, Cinciarella, Passera mattugia, Tuffetto, Lui piccolo, Scricciolo, Codibugnolo, Taccola, Usignolo di fiume, Saltimpalo, Cuculo, Codirosso spazzacamino, Colombaccio, Beccamoschino, Allodola, Nitticora, Pavoncella, Cincia mora, Piro piro piccolo, Civetta, Cigno reale, Usignolo, Picchio muratore, Picchio rosso maggiore, Martin pescatore, Airone Bianco Maggiore, Moriglione, Falco di palude, Picchio verde, Regolo, Pigliamosche, Occhiocotto, Cavaliere d'Italia, Strillozzo, Alzavola, Nibbio bruno, Ballerina gialla, Cutrettola, Moretta, Mestolone, Cannareccione, Tortora selvatica, Upupa, Migliarino di palude, Marzaiola, Combattente, Beccaccino, Svasso piccolo, Gracchio alpino, Cincia bigia, Fischione, Sparviere, Corriere piccolo, Pettegola, Airone rosso, Rondine montana, Piro piro boschereccio, Corvo imperiale, Piccione selvatico, Gruccione. Sono le specie più comuni dellavifauna italiana, osservate praticamente da tutto il campione. Oltre il 60% di queste specie appartiene ai Passeriformi e la quasi totalità è nidificante più o meno regolarmente in Italia, ad eccezione del Combattente e del Piro piro boschereccio che non hanno mai nidificato in Italia. Solo 12 sono specie estive migratrici transahariane.
Appartengono a questa categoria 83 specie. Codirosso, Cappellaccia, Culbianco,
Sono ancora specie abbastanza comuni, in gran parte nidificanti. La maggiore difficoltà probabilmente dipende dallelusività della specie e dal tipo di ambiente frequentato.
Appartengono a questa categoria 60 specie. Sterpazzola, Merlo acquaiolo, Spatola, Pivieressa, In questo gruppo cominciano a ridursi i nidificanti regolari in Italia (75%) e incrementano i migratori. La difficoltà di osservazione è probabilmente dovuta alla relativa scarsità di alcune di queste specie anche negli ambienti adatti. Il 46% è tipica di zone umide (ambienti lacustri o fluviali, paludi o litorali marini), solo il 10% di ambienti forestali, il 38% è invece tipica di ambienti aperti, cespugliati o di macchia.
Appartengono a questa categoria 32 specie. Piovanello tridattilo, Salciaiola, Bigiarella, Mignattino alibianche Il 21% sono specie tipiche di zone umide (ambienti lacustri o fluviali, paludi o litorali), il 18% di ambienti forestali, la maggioranza (50%) invece sono specie tipiche di ambienti aperti, cespugliati o di macchia.
Appartengono a questa categoria 39 specie. Gru, Oca granaiola, Orco marino, Pollo sultano La maggioranza (64%) è rappresentata da specie nidificanti in Italia con popolazioni molto localizzate. Nessuna specie rientra nelle categorie "accidentali" o "migratore irregolare". A differenza della classe precedente, il 45% è tipica di "zone umide", il 18% di ambienti forestali, solo il 15% di ambienti aperti.
A questa categoria in totale appartengono 90 specie (a loro volta suddivise in 2 gruppi in dipendenza delloccasionalita degli avvistamenti effettuati dal campione). Casarca, Mugnaiaccio Al secondo gruppo appartengono specie ancora più rare e, di fatto, sono state equiparate alle specie mai osservate dal campione. E ancora
A dimostrazione delloccasionalità degli avvistamenti di questa categoria, si noti la presenza di ben 24 specie accidentali. Appartengono a questa classe specie migratrici irregolari, ma ben 7 specie sono anche nidificanti regolari in Italia (Allocco degli Urali, Piviere tortolino, Bigia grossa, Picchio tridattilo, Cuculo dal ciuffo, Picchio rosso mezzano e Aquila di Bonelli). La stragrande maggioranza (52%) è tipica di zone umide, litorali o delle coste marine, il 23% di ambienti aperti o cespugliati, solo il 10% di ambienti forestali.
Cigno minore, Oca collorosso, Avvoltoio monaco, Corrione biondo, Folaropo beccolargo, Labbo codalunga, Allodola golagialla, Usignolo d'Africa, Monachella nera, Cannaiola di Jerdon, Silvia di Rueppell, Luì forestiero, Fanello nordico, Crociere fasciato, Ortolano grigio, Zigolo boschereccio. Sono 16 specie la cui fenologia non rientra tra le specie "accidentali" del nostro Paese e ciò nonostante non risultano segnalate nel campione. Nella stragrande maggioranza (81%) si tratta di migratori irregolari per il nostro paese, di un migratore regolare con dubbio (Usignolo dAfrica) e di due specie estinte come nidificanti in Italia (Avvoltoio monaco, Monachella nera).
Un significato conservazionistico alle specie riportate La necessità di attribuire uno specifico valore alle singole specie nasce da esigenze di programmazione e gestione del territorio che coinvolgono il raggiungimento di alcuni obiettivi specifici di conservazione. Per quanto riguarda lavifauna del nostro paese, diversi studi hanno affrontato il problema di identificare delle specie "chiave" e di proporre dei modelli di gestione del territorio allo scopo di conservare la biodiversità e il patrimonio faunistico di una determinata area. Alcuni di questi studi propongono una classificazione in base a specifici indici, come i criteri stabiliti dallUICN (Calvario et al. 1999) oppure sulla base di specifici parametri (Brichetti & Gariboldi 1994) al fine di attribuire un valore intrinseco a ciascuna delle specie nidificanti italiane. Il nostro studio campione basa la propria analisi sulla frequenza di osservazione delle specie da parte di una coorte di osservatori qualificati (birdwatchers) operanti sul territorio nazionale con unesperienza di campo media di 13,7 anni e con una media di 43,3 uscite sul campo allanno. E stato possibile così attribuire una specifica "classe" di difficoltà di osservazione a ben 393 delle 503 specie segnalate nella check list italiana (Brichetti & Massa 1997) migratori irregolari e accidentali compresi. Questo ha reso possibile una comparazione diretta non solo per le specie nidificanti regolari in Italia, ma anche dei migratori (regolari o irregolari) e delle specie svernanti, confronto che non era mai stato condotto prima. Ad esempio, è interessante notare come dallindagine siano assenti 16 specie che non sono considerate "accidentali" dalla check list italiana (Brichetti & Massa 1997) ma che non sono state mai osservate nel nostro campione (almeno fino al 2002), la cui probabilità di osservazione nel nostro paese, in termini statistici, risulta quindi estremamente bassa. Il nostro campione indica peraltro 172 specie definibili "elementari" o "poco difficili" da osservare, che possono essere considerate come le specie più comuni del nostro Paese. Al primo posto è indicata la Passera dItalia, poi seguono Merlo, Storno, Cornacchia, Tortora dal collare e Gazza, tutte specie già indicate tra gli ultimi posti come "value birds" in quanto generaliste o antropofile (Brichetti & Gariboldi 1994). In questi due gruppi ricadono inoltre la quasi totalità delle specie nidificanti in Italia appartenenti alle famiglie dei Fringillidi (con leccezione del Venturone), Corvidi (con leccezione del Gracchio corallino) e degli Ardeidi (con leccezione del Tarabuso). Dal punto di vista conservazionistico come può essere interpretata invece la nostra indagine? Estrapolando dallelenco delle specie "estremamente difficili" le ultime dieci specie che nidificano in Italia, e confrontandole con la Lista Rossa italiana (Calvario et al. 1999) emerge che ben 8 su 10 (vedi tabella 1) sono valutate sfarevolmente dal punto di vista conservazionistico, una (la Bigia padovana) è valutata a basso rischio e laltra (Allocco degli Urali) risulta, nella Lista Rossa, non valutabile.
Si tratta di specie osservate dal campione abbastanza raramente sia a causa del loro areale localizzato a particolari aree geografiche sia per la loro elusività (due specie di rapaci notturni, tre picidi, due silvidi). Ciononostante, la loro scarsa rappresentatività nel campione pone il dubbio che anche a causa della loro elusività, le conoscenze sulla loro distribuzione e status in Italia possano essere al tempo stesso, alquanto deficitarie. Infatti, stime di popolazione e trend di popolazione a livello nazionale per molte di queste specie non sono note con certezza. Sarebbe opportuno pertanto prestare la massima attenzione alla definizione dei pericoli e delle minacce nellimmediato futuro. |
Ringraziamenti Un doveroso ringraziamento ai 67 birdwatcher che hanno partecipato volontariamente allindagine e che hanno inviato i propri dati da campo, senza di cui non sarebbe stato possibile elaborare alcun studio statistico. |
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