Per un po' la calma regna
sovrana, la femmina sembra gradire l'offerta del compagno gustandosela al
riparo da occhi indiscreti, fino a quando s'invola nuovamente per riprendere le
operazioni di trasporto di materiale al nido, occasionalmente coadiuvata dal
compagno che va e viene dai territori di caccia. Anche la femmina di tanto in
tanto si allontana dal canneto, ma per intervalli decisamente più brevi
rispetto al maschio. Gli apporti di materiale si alternano a lunghe permanenze
della femmina al nido e ai richiami del maschio, di ritorno dalle zone di
caccia, che precedono lo scambio aereo delle prede. E' davvero sensazionale
udire il richiamo del maschio, di ritorno con le prede, rompere il silenzio che
a tratti regna sovrano nel canneto, catalizzando su di se l'attenzione, per
vederli poi volteggiare insieme sul loro territorio, padroni incontrastati di
quello spazio aereo che sovrasta ciò che sembra essere stato creato
appositamente per loro: una palude, splendido biotopo brulicante di vita in
infinite forme, che ha richiamato anche questi splendidi e acrobatici rapaci di
ritorno dai loro quartieri di svernamento.
Durante le settimane seguenti le
osservazioni si ripetono, confermando la stabilità della coppia, e il
proseguire delle loro attività fa ben sperare in un potenziale esito positivo
della nidificazione.
Qualcosa è cambiato però nel
comportamento della coppia, ora soltanto il maschio abbandona il canneto per
andare a caccia, la femmina di tanto in tanto si invola come per sgranchirsi un
po' e ozia su posatoi ma sempre in vicinanza del nido: con molta probabilità è
avvenuta la deposizione delle uova e lasciare il nido completamente incustodito
sarebbe troppo pericoloso, le nutrie sono grosse e numericamente ben
rappresentate.
Dopo la presunta deposizione
delle uova, non ho mai notato alcuna discesa al nido da parte del maschio, che
in precedenza apportava materiale, scendendo nel canneto in un punto vicino ma
distinto dal nido, a conferma di quanto letto a proposito delle piattaforme che
i maschi allestiscono in prossimità del nido vero e proprio e che utilizzano
come dormitorio, rifugio in caso di maltempo e punto di alimentazione.
A questo punto, le mie
osservazioni iniziano ad indirizzarsi ad individuare i potenziali posatoi dove
sfruttare i loafing dei soggetti per
effettuare qualche scatto fotografico, limitando al massimo il disturbo.
Decido di allestire un primo
capanno nei pressi del canneto, a distanza di sicurezza, per cercare di
riprendere gli eccezionali scambi aerei davvero coreografici e strabilianti, ma
senza ottenere i risultati sperati: la mia veduta sulla scena è limitata a ciò
che vedo attraverso il teleobbiettivo e mi attivo quando sento il maschio di
ritorno dalla caccia richiamare la femmina. Disperatamente cerco di agganciare
uno dei due soggetti, per seguirlo fino al momento cruciale, ma lo stretto
angolo di campo del 500 mm moltiplicato e la limitata libertà di movimento
offerta dall'angusto capanno, non mi aiutano nell'impresa e le riprese in volo
si rivelano quasi impossibili.
Sono lì nel capanno,
perfettamente nascosto e mimetizzato, eppure a tratti mi sembra di avvertire il
loro sguardo: sanno che ci sono, eccome se lo sanno, mi tollerano ma sanno che
sono lì.
Spesso mi interrogo se sia il
caso di desistere, anche se la distanza di rispetto e la tranquillità dei
soggetti, che proseguono tranquillamente in tutte le loro mansioni, mi
convincono di essere stato accettato anche se tenuto sott'occhio.
Di fine settimana in fine
settimana, le osservazioni proseguono e tutto lascia ben sperare. Ai primi di
luglio però un vigoroso temporale estivo con forti raffiche di vento e grandine
mi fa temere per l'incolumità dei giovani nidiacei, che ormai dovrebbero essere
prossimi all'involo. Il nido è celato nel folto del canneto, completamente
inaccessibile alla vista ma anche ad un controllo più accurato dell'esito della
nidificazione.
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